La figura di Gertrude, meglio conosciuta come la Monaca di Monza, è una delle più complesse e affascinanti della letteratura italiana. Resa celebre da Alessandro Manzoni ne “I Promessi Sposi”, la sua storia è stata oggetto di numerose interpretazioni, spesso contrastanti tra loro. Da un lato, la Monaca di Monza viene dipinta come una donna vittima delle rigide convenzioni sociali del XVII secolo, costretta a una vita monacale non desiderata e spinta tra le braccia di un amante per trovare un po’ di conforto. Dall’altro lato, emerge l’immagine di una donna potente e manipolatrice, capace di esercitare il proprio fascino per ottenere ciò che vuole, arrivando persino a macchiarsi di gravi crimini.

Tra realtà storica e finzione letteraria
La storia di Gertrude è ispirata a una figura realmente esistita, Marianna de Leyva, una nobildonna che, dopo essere entrata in convento, intrecciò una relazione con un uomo, dalla quale nacquero anche dei figli. Tuttavia, Manzoni ha romanzato la sua storia, aggiungendo elementi di finzione e creando un personaggio che ha superato i confini della realtà storica per diventare un simbolo universale.
Un’eroina moder
Negli anni ’70, il movimento femminista ha rivalutato la figura della Monaca di Monza, vedendo in lei una donna che, pur in un contesto storico difficile, ha cercato di affermare la propria individualità e il proprio diritto alla felicità. In questa prospettiva, Gertrude diventa un’eroina moderna, capace di sfidare le convenzioni sociali e di ribellarsi contro un destino che le era stato imposto.
Certamente rimane una figura enigmatica, capace di suscitare emozioni contrastanti e di stimolare riflessioni profonde sulla condizione femminile, la libertà individuale e il potere delle convenzioni sociali. La sua storia, sospesa tra realtà e finzione, continua ad affascinare e a interrogare il pubblico di oggi, invitandoci a riflettere sulla complessità dell’animo umano e sulla necessità di non ridurre mai una persona a un semplice stereotipo.
Articolo di: FRANCESCO RIZZO
