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L’influenza dei Vangeli nella vita di Leonardo Da Vinci. StuporArt e LiberArtis insieme all’università di San Marino.

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Una scoperta rivoluzionaria: l’autoritratto di Leonardo da Vinci. La prima opera nota del genio rinascimentale prodotta quando aveva appena 19 anni.

San Marino, Italia – Una recente conferenza presso l’Università di San Marino ha fatto nuova luce sulla profonda influenza dei Vangeli sulle prime opere di Leonardo da Vinci. L’evento, incentrato sulla riproduzione in facsimile della prima opera conosciuta di Leonardo Da Vinci, il bassorilievo in terracotta dell’Arcangelo Gabriele, ha riunito studiosi ed appassionati d’arte da tutto il mondo.

Attraverso un’analisi approfondita di tre anni e l’utilizzo di sofisticate tecniche scientifiche, come la termoluminescenza e l’analisi stratigrafica, gli esperti hanno decifrato un rebus nascosto nell’opera “L’arcangelo Gabriele”, attribuendola a un giovanissimo Leonardo da Vinci. La firma, la data di nascita e altri dettagli criptati all’interno del dipinto offrono prove inconfutabili dell’autenticità dell’opera. L’autoritratto di Leonardo del 1471 come Arcangelo Gabriele, verificato dalla grafologa Ivana Rosa Bonfantino, è stato a lungo oggetto di fascino. La scoperta della firma dell’artista nascosta all’interno dell’opera, insieme a un’analisi dettagliata della sua scrittura, ha fornito prove inconfutabili della sua autenticità. Bonfantin sostiene che, celata all’interno della mandibola e scritta da sinistra a destra, si legge distintamente la firma “da Vinci lionardo”. L’analisi ha inoltre rivelato un intricato rebus numerico: i numeri 52 e 72, sovrapposti alla firma, farebbero riferimento rispettivamente alla data di nascita di Leonardo e al personaggio biblico di Gabriele. La sigla “Ldv”, presente sul bordo inferiore, completa il quadro indiziario, corroborato da analisi scientifiche come la termoluminescenza e l’analisi stratigrafica.

Questa conferenza ci ha permesso di approfondire il rapporto tra fede e arte, con particolare attenzione a Leonardo Da Vinci. Attraverso uno studio attento delle opere di Leonardo, e in particolare dell’Arcangelo Gabriele, possiamo vedere quanto fossero profonde le sue convinzioni religiose.

ha dichiarato Antonio Ferraro, fondatore di StuporArt

L’intervento del prof. Francesco Rizzo si è concentrato sull’Evangeliario Miniato edito da Stuporart, e sulla questione artistica in capo alla scienza della miniatura medievale, “allumare”, tanto caro a Dante nell’XI canto del purgatorio. Su Leonardo ha proposto una lettura più antropologica del suo impegno artistico, rintracciando una “perspicacia dantesca” “anti-superbia” congenita e costante nella vita del genio.

Ascoltando chinai in giù la faccia;  
e un di lor, non questi che parlava,  
si torse sotto il peso che li ‘mpaccia,                            75

e videmi e conobbemi e chiamava,  
tenendo li occhi con fatica fisi  
a me che tutto chin con loro andava.                             78

«Oh!», diss’io lui, «non se’ tu Oderisi,  
l’onor d’Agobbio
e l’onor di quell’arte  
ch’alluminar chiamata
è in Parisi?».                             81

«Frate», diss’elli, «più ridon le carte  
che pennelleggia Franco Bolognese;  
l’onore è tutto or suo, e mio in parte.                             84

Ben non sare’ io stato sì cortese  
mentre ch’io vissi, per lo gran disio  
de l’eccellenza ove mio core intese.                              87

Di tal superbia qui si paga il fio;  
e ancor non sarei qui, se non fosse  
che, possendo peccar, mi volsi a Dio.                          90

Oh vana gloria de l’umane posse!  
com’poco verde in su la cima dura,  
se non è giunta da l’etati grosse!  
                                93

Credette Cimabue ne la pittura  
tener lo campo, e ora ha Giotto il grido,  
sì che la fama di colui è scura:                                       96

così ha tolto l’uno a l’altro Guido  
la gloria de la lingua; e forse è nato  
chi l’uno e l’altro caccerà del nido.                                 99

Non è il mondan romore altro ch’un fiato  
di vento, ch’or vien quinci e or vien quindi,  
e muta nome perché muta lato.                                    102

Che voce avrai tu più, se vecchia scindi  
da te la carne, che se fossi morto  
anzi che tu lasciassi il ‘pappo’ e ‘l ‘dindi’,                   105

pria che passin mill’anni? ch’è più corto  
spazio a l’etterno, ch’un muover di ciglia  
al cerchio che più tardi in cielo è torto.                         108

Infatti nell’XI canto, mentre ascolta le parole di Omberto, Dante china la faccia verso il basso e un altro penitente si piega sotto il peso del masso e lo guarda, riconoscendolo e chiamandolo per nome, tenendo a fatica lo sguardo fisso sul poeta. Dante lo riconosce a sua volta e gli chiede se sia #Oderisi, l’onore di Gubbio e il maestro dell’arte della #miniatura. Il penitente risponde che sono più apprezzati i codici miniati da Franco Bolognese, col quale deve condividere la gloria di quell’arte; egli non sarebbe stato così pronto ad ammettere la sua inferiorità mentre era in vita, dato il grande desiderio di fama che sempre lo animò. Ora sconta la pena per la sua #superbia e non sarebbe ancora in Purgatorio, se non si fosse pentito quando era ancora lontano dalla morte. Oderisi critica la gloria effimera degli uomini, che è destinata a durare poco se non è seguita da un’età di decadenza: cita l’esempio di Cimabue, superato nella pittura da Giotto, e di Guido Guinizelli, superato nella poesia da Guido Cavalcanti, mentre forse è già nato chi li vincerà entrambi. La fama mondana è solo un alito di vento, che soffia ora da una parte e ora dall’altra, sempre pronto a cambiare nome. Se uno muore da piccolo, non avrà fama più ampia di uno che muore vecchio, prima che siano trascorsi mille anni: questo tempo è brevissimo se paragonato all’ #eternità, meno di un batter di ciglia rispetto al movimento del Cielo delle Stelle Fisse (360 secoli). L’anima che cammina lentamente davanti a lui ne è un esempio: un tempo era noto in tutta la Toscana, ora a malapena si bisbiglia il suo nome a Siena, di cui pure era signore al tempo della battaglia di Montaperti, quando la rabbia fiorentina fu distrutta. La fama degli uomini è come il colore verde dell’erba, che va e viene ed è cancellato dallo stesso #sole che l’ha fatta spuntare dalla terra.

Rizzo attraverso una lettura dei Vangeli e di tutti i codici vinciani attualmente disponibili, ha evidenziato come le tematiche religiose fossero profondamente radicate nell’immaginario di Leonardo, influenzandone non solo le scelte iconografiche, ma anche la sua concezione dell’uomo e del mondo. La profonda convinzione del genio secondo cui è impossibile per la mano aggiungere qualcosa al pensiero. Non poteva infatti l’arte, secondo Leonardo, come di fatto il linguaggio, creare qualcosa di originale e di autonomamente sensato senza l’ausilio del creatore, Dio. L’arte, come il linguaggio, non fa altro che tradurre icasticamente lo splendore della natura e la sovrabbondanza della grazia soprasensibile in opere inferiori, e certamente non determinali in modo assoluto. “L’incompiutismo cronico” più che un effetto del suo pensare è la causa stessa di tutto il suo percorso artistico-spirituale. Di fatto, a suo modo di vedere, un opera non si può concludere perché a ben vedere non si può iniziare. Siamo tutti, artisti compresi, continuatori di lavoro eterno. E certamente tutto siamo tranne che eterni. Come può un opera di un uomo essere eterna? Questo dilemma tormentava mente del genio di Vinci. Come si può in un tempo limitato creare qualcosa di illimitato e fuori dal tempo?

La conferenza ha destato grande interesse tra il pubblico presente, composto da studiosi internazionali, istituzioni, appassionati d’arte e semplici curiosi. L’approccio rigoroso e al contempo appassionato della nostra ricerca ha permesso di gettare nuova luce su un aspetto poco esplorato della figura di Leonardo, rivelando un artista profondamente legato alla tradizione cristiana del suo tempo. La scoperta delle prima opere religiose di Leonardo, l’autoritratto di Leonardo del 1471 come Arcangelo Gabriele riprodotto dall’azienda LiberArtis fondata da Leonardo Pistillo, e le intuizioni derivate da questa conferenza offrono una nuova prospettiva su uno dei più grandi artisti della storia. Suggerisce che il genio di Leonardo non fosse solo il prodotto della sua straordinaria intelligenza, ma anche il risultato di una profonda ricerca spirituale.

BIBLIOGRAFIA

  • LUCA BELTRAMI, La “DESTRA MANO” di Leonardo da Vinci e le lacune nella edizione del Codice Atlantico, Editori Alfieri e Lacroix. Milano – Roma.
  • GEROLAMO CALVI, I manoscritti di Leonardo da Vinci dal punto di vista cronologico storico e biografico, Zanichelli, Bologna 1925.
  • GEROLAMO CALVI, AUGUSTO MARINONI, I manoscritti di Leonardo da Vinci – Dal punto di vista cronologico storico e biografico, Bramante Editrice, Milano 1982. –
  • FABIO FROSINI, CARLO VECCE, Leonardo da Vinci, in Enciclopedia Italiana di Lettere, Scienze ed Arti, Il Contributo italiano alla storia del Pensiero. Filosofia, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, Roma 2012.
  • PAOLO GALLUZZI, La mente di Leonardo nel laboratorio del genio universale, Giunti, Firenze 2006.
  • PAOLO PAGLIUGHI, La Scrittura mancina di Leonardo da Vinci – Profilo grafoanalitico della personalità di Leonardo da Vinci di Evi Crotti, Comune di Milano, 1984. Disegni di Leonardo da Vinci e della sua cerchia. Nel gabinetto disegni e stampe della Galleria degli Uffizi. Ordinati e preservati da Carlo Pedretti, Catalogo di Gigetta Dalli Regoli, Giunti Barbera, Firenze 1985. –
  • IVANA R BONFANTINO, AUGUST STONE, Leonardo da Vinci, L’arte del firmare, Le firme del Genio, Giuseppe De Nicola Editore, Napoli 2023.
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