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Piccarda Donati e Costanza Imperatrice madre di Federico II. Il canto più umano, misericordioso ed autenticamente cristiano di tutta la divina commedia

III CANTO DEL PARADISO

lI volto di Beatrice, raggiante di verità, era ancora impresso nella mente di Dante, quando una nuova visione lo catturò. Dei volti, sfumati come un’immagine riflessa in un lago calmo, apparvero davanti a lui. La loro evanescenza lo portò a credere che fossero mere illusioni, ma Beatrice, con un sorriso enigmatico, lo smentì. Quelle figure, gli spiegò, erano anime peccatrici, condannate a un eterno limbo per non aver mantenuto i loro voti. Dante, desideroso di conoscere le anime che incontra, si rivolge a quella che gli sembra la più radiosa. Scopre che è Piccarda, una donna che sulla Terra aveva scelto la vita contemplativa ma era stata costretta a rinunciarvi. Nel Paradiso,Piccarda e le altre anime che come lei non hanno perseverato nei loro voti, godono di una beatitudine purissima, ma in una sfera celeste inferiore rispetto a coloro che hanno vissuto in perfetta santità. Dante, meravigliato, chiede se desiderino un cielo più alto, ma Piccarda, con un sorriso sereno, gli spiega che la loro felicità consiste nell’accettare la volontà divina,qualunque sia il luogo assegnato loro.

DIARIO DANTESCO

DANTE: Ringraziai Piccarda per aver dissipato i miei dubbi sul Paradiso. Mi aveva chiarito che, pur nella diversità delle sfere celesti, la beatitudine era la stessa per tutti i beati. Ma una nuova curiosità mi assalì e, rivolgendomi a lei, chiesi:”Piccarda, quale fu il voto che non riuscisti a mantenere?”.Con un sorriso sereno, mi raccontò: 

PICCARDA: “Da giovane, attratta dalla vita contemplativa, decisi di consacrare la mia esistenza a Dio, vestendo l’abito di santa Chiara. Promisi di farne mio unico sposo. Ma il destino volle diversamente. Uomini malvagi, tra cui mio fratello, mi strapparono dal mio rifugio, costringendomi a una vita che non desideravo. Dio solo sa cosa ho dovuto sopportare”. Individuò poi un’altra anima, luminosa come lei, e aggiunse:  “Anche lei, come me, era una suora. Anche a lei fu strappato il sacro velo. Eppure, nel mio cuore, rimasi sempre fedele alla mia vocazione”. Mi parlò poi di Costanza, la madre di Federico II, e della leggenda che la voleva monaca prima del matrimonio.”Costanza”, disse Piccarda, “fu una donna virtuosa, costretta a un matrimonio politico. Eppure, la sua anima rimase pura”.

BEATRICE:

Costanza, figlia del re normanno di Sicilia Ruggero II d’Alta-villa, nel 1186 fu unita in matrimonio per ragioni politico-dina-stiche al futuro Enrico VI, figlio di Federico I Barbarossa, più giovane di lei di una decina d’anni; nel 1194, a quarant’anni, diede alla luce Federico. Per screditare Federico Il la propaganda guelfa aveva diffuso la leggenda che prima del matrimonio la madre fosse stata monaca: così l’imperatore nemico della Chiesa, vero An-ticristo, sarebbe stato figlio di una monaca vecchia e smonacata! Dante fa sua la leggenda, ma capovolgendola di segno. Nel canto 3 del Purgatorio Manfredi, figlio illegittimo di Federico II, ricorda con orgoglio di essere nipote “di Costanza imperatrice”.

DANTE

In quel momento, Piccarda iniziò a cantare l’Ave Maria, la sua voce si levò in un inno di gioia e di pace. Poi, lentamente,si dissolse, come una goccia d’acqua che si perde nell’oceano. Cercai di seguirla con lo sguardo, ma la sua figura si fece sempre più tenue, finché scomparve del tutto. Mi voltai verso Beatrice, ma la sua luce era talmente intensa che dovetti abbassare lo sguardo. Abbagliato, rimasi per un attimo senza parole, cercando di riprendere fiato.”

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Articolo di Francesco Rizzo

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